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La storia del patriziato

dagli antichi albori ai giorni nostri

Il Territorio di Pianezzo

I ritrovamenti rinvenuti in località Alla Motta, Alle Piazze e Carabella testimoniano dell’esistenza nel territorio dell’attuale Pianezzo di insediamenti risalenti all’età del ferro. Denominata “Planezio”, nel 13° secolo il Capitolo di Bellinzona vi possedeva dei beni. Gli abitanti della Valle Morobbia costituivano anticamente un’unica comunità, analogamente ad altre realtà valligiane.

Fino ai primi decenni dell’Ottocento, il comprensorio di Giubiasco si limitava al solo nucleo abitato con qualche propaggine verso il Palasio e Pedevilla, mentre quello di Vallemorobbia si estendeva su tutto il territorio rimanente, cioè dal fiume Ticino fino al Passo del S. Jorio, comprendente pertanto anche le terre degli attuali Comuni di Pianezzo e S. Antonio con le loro numerose frazioni.

Con l’avvento della Repubblica Elvetica (1798-1803) prima e l’Atto di Mediazione poi (1803) e l’introduzione del concetto francese di Municipalità, nacquero dunque i due comuni politici di Giubiasco e Vallemorobbia.

Nel 1831 il Gran Consiglio deliberò che il grande, immenso Comune di Vallemorobbia venisse suddiviso in tre distinte entità amministrative:

  • S. Antonio, comprendente le frazioni di Vellano, Carmena, Melirolo, Melera e Carena
  • Pianezzo, inclusa la frazione di Paudo
  • Vallemorobbia in piano, comprendente parte del Palasio, Pedevilla, Lôro e Motti

Nel 1867, il Comune di Vallemorobbia in Piano venne annesso al Borgo e diventò parte integrante del nuovo Comune di Giubiasco.

Il Patriziato di Pianezzo

Con una certa autonomia, la comunità di Pianezzo faceva parte anticamente della vicinìa di Valle Morobbia. Ne fu staccato nel 1831 per formare un comune e un patriziato autonomi.

L’avvento della Repubblica Elvetica (1798-1803) prima e l’Atto di Mediazione poi (1803) concise con un primo tentativo di introdurre il concetto francese di Municipalità, di instaurare cioè un comune di tutti i cittadini.

I primi decenni della storia del nostro Cantone furono caratterizzati da numerose lotte e da continui tentativi di ridefinire il ruolo della Vicinìa, ridenominata dai francesi Patriziato, nei confronti dell’emergente Comune politico. L’esistenza di due enti, Comune politico e Comune patriziale, pose non pochi problemi ai legislatori di allora. Se l’atto di Mediazione aveva sancito l’istituzione delle Municipalità e il primato del Comune, cui venivano attribuiti tutti i compiti amministrativi, il Patriziato rimaneva proprietario della maggior parte dei beni e la cittadinanza continuava ad essere identificata con quella di appartenenza al Patriziato. La concessione dei diritti politici era infatti subordinata alla condizione di essere patrizi e di disporre di un certo patrimonio.

La prima Legge organica patriziale (LOP del 1835) sancì la definitiva scissione tra Comune e Patriziato e definì la separazione dei rispettivi beni, con il trapasso al Comune di determinati beni viciniali.

L’acquisizione della cittadinanza e dei relativi diritti politici indipendentemente dall’appartenenza al Patriziato venne formalmente introdotta in Ticino nel 1837, ma si dovette attendere il 1857 per scogliere definitivamente la questione. Introducendo il diritto di voto e di eleggibilità per tutti gli uomini, la Costituzione federale del 1874 sottrarrà definitivamente al Patriziato la sua funzione di corpo elettorale.

Il Patriziato di Pianezzo nacque dunque nel 1831 , e cioè nell’anno in cui venne formalmente creato il Comune di Pianezzo. Il documento più antico conservato nell’archivio del Patriziato di Pianezzo risale a metà Ottocento

Il Patriziato di Pianezzo Odierno


Attualmente, i beni amministrativi del Patriziato di Pianezzo, inalienabili secondo la LOP, sono costituiti dalla sola proprietà fondiaria. Oltre ad un patrimonio prevalentemente boschivo, il Patriziato è proprietario della Casa patriziale, situata nel nucleo vecchio di Pianezzo e recentemente ristrutturata, che fino agli anni 1960 ha ospitato sia l’amministrazione comunale che la scuola.

I beni patrimoniali, unici beni che il Patriziato è autorizzato ad alienare, sono costituiti dall’appartamento affittato, sito nella Casa patriziale.

Le origini del Patriziato

Il Patriziato è l’erede delle antiche Vicinìe, prima forma di organizzazione delle comunità rurali, nate nel Medioevo e rimaste intatte fino alla nascita del Cantone Ticino (1803). Erano considerate «vicine» le famiglie originarie del luogo, mentre «forastieri» erano invece tutti gli altri residenti.

Nelle nostre vallate non si trattava di un’istituzione elitaria bensì di un organismo che gestiva beni comuni secondo le consuetudini locali e provvedeva a tutte quelle incombenze che richiedevano l’intervento comunitario, dalla manutenzione di boschi e sentieri, alla gestione di fontane e alpeggi, al restauro della chiesa, alla risoluzione di questione giuridiche. Fino all’avvento del Cantone, la Vicinia esercitava inoltre la funzione di raccolta delle tasse e il versamento dei contributi al Baliaggio di Bellinzona. Alle assemblee poteva intervenire un maschio di almeno 20 anni per “fuoco”, di regola il capofamiglia.

La nascita del Cantone e il dualismo Comune politico-Comune patriziale


L’avvento della Repubblica Elvetica (1798-1803) prima e l’Atto di Mediazione poi (1803) concise con un primo tentativo di introdurre il concetto francese di Municipalità, di instaurare cioè un comune di tutti i cittadini. I primi decenni della storia del nostro Cantone furono caratterizzati da numerose lotte e da continui tentativi di ridefinire il ruolo della Vicinìa, ridenominata dai francesi Patriziato, nei confronti dell’emergente Comune politico. L’esistenza di due enti, Comune politico e Comune patriziale, pose non pochi problemi ai legislatori di allora. Se l’atto di Mediazione aveva sancito l’istituzione delle Municipalità e il primato del Comune, cui venivano attribuiti tutti i compiti amministrativi, il Patriziato rimaneva proprietario della maggior parte dei beni e la cittadinanza continuava ad essere identificata con quella di appartenenza al Patriziato. La concessione dei diritti politici era infatti subordinata alla condizione di essere patrizi e di disporre di un certo patrimonio. Il “semplice cittadino”, ossia quello con solo diritto di residenza, poteva chiedere a pagamento di essere ammesso al Patriziato e di godere dei beni comunali (non ancora distinti da quelli patriziali), anche se tale ammissione era spesso ostacolata dai patrizi. Una caparbietà a tenere lontano dai beni viciniali i forest umanamente comprensibile in un periodo storico dove quel poco di agricoltura casalinga commista alla pastorizia non sarebbero stati sufficienti a garantire la sopravvivenza se non ci fosse stata l’emigrazione.

Da notare che tener lontano i forest dal godimento dei beni viciniali è da considerarsi una tendenza umanamente comprensibile in un Ottocento dove in molte delle nostre terre quel poco di agricoltura casalinga commista alla pastorizia era l’unica fonte a cui attingere per sopravvivere.

Questa situazione creava non pochi disordini e si traduceva inoltre in una condizione di povertà dei Comuni. Si rese pertanto sempre più necessaria la promulgazione di una prima Legge organica comunale (LOC del 1832) e di una prima Legge organica patriziale (LOP del 1835) che sancì la definitiva scissione tra Comune e Patriziato e definì la separazione dei rispettivi beni, con il trapasso al Comune di determinati beni viciniali. Assumendo determinate mansioni che erano state del Patriziato, il Comune diventava nel contempo proprietario dei beni legati a tali mansioni e assumeva il diritto di goderne i frutti (ad esempio strade, chiese, fontane, determinati corsi d’acqua).

L’acquisizione della cittadinanza e dei relativi diritti politici indipendentemente dall’appartenenza al Patriziato venne formalmente introdotta in Ticino nel 1837, ma si dovette attendere il 1857 per sciogliere definitivamente la questione. Introducendo il diritto di voto e di eleggibilità per tutti gli uomini, la Costituzione federale del 1874 sottrarrà definitivamente al Patriziato la sua funzione di corpo elettorale. La soluzione adottata dai legislatori fu quella di lasciar esercitare i diritti politici all’insieme dei cittadini domiciliati, mentre l’utilizzo dei beni territoriali era riservato agli attinenti locali di antica data, e cioè ai patrizi, una situazione in vigore a tutt’oggi.

Da istituzione politico-economica, il Patriziato si stava dunque sempre più trasformando in una corporazione che gestiva determinati interessi economici, quasi a livello privato, per un numero sempre minore di famiglie. Ne conseguì la necessità di un intervento del legislatore per garantire la sopravvivenza di un organismo che svolgeva una funzione sociale (per decenni e ancora fino agli anni 1960 la casa patriziale di Pianezzo ospitò l’amministrazione e le scuole comunali) e di cura del territorio che i Comuni non erano in grado di assumere. Nell’ambito di una riforma della Costituzione, nel 1875 il Cantone riconobbe al Patriziato lo statuto di ente pubblico. Nei decenni successivi il legislatore fece degli interventi puntuali, ad esempio nel 1898 per disciplinare il disboscamento, che in alcune località era avvenuto in modo dissennato causando frane e scoscendimenti. Decreti e modifiche della LOP contribuiranno progressivamente a disegnare i contorni di quello che è il Patriziato odierno.

Il Patriziato nel Novecento

La sua sopravvivenza e i suoi rapporti con il Comune politico hanno continuato a suscitare dibattiti anche nel Novecento. Ci fu chi, di fronte al progetto di nuova LOP del 1962, denunciò la tendenza a svuotare il Patriziato di quello che è il suo significato per immetterlo gradatamente, spogliandolo dei suoi precisi attributi, nel Comune politico. O chi, con una mozione parlamentare del 1970, propose di studiare la possibilità di integrarlo nel Comune politico. Anni di studi e di discussione sfociarono nella nuova LOP del 1992 (possibilità di cliccare), che, pur modificando sensibilmente il Patriziato, ne riconosceva l’importanza. Il Patriziato cessava di essere un’associazione di comproprietari come era stato secondo lo spirito ottocentesco e venivano sanciti i principi fondamentali per essere riconosciuto quale ente di diritto pubblico: l’autonomia, l’esistenza di beni immobili propri di una certa consistenza, la gestione e uso per scopi di pubblica utilità e lo spirito viciniale. Principi che hanno portato nei decenni successivi allo scioglimento di diversi Patriziati che non erano più in grado di ottemperare a tali principi o alla loro fusione con altri. I Patriziati ticinesi sono attualmente 211, su 111 comuni, i patrizi sono circa 90'000, 1/3 della popolazione ticinese.

Secondo la legge lo scopo essenziale del Patriziato era quello di conservare e utilizzare i beni comuni con "spirito viciniale" a favore della comunità e di valorizzare le tradizioni locali. Quale possa essere nella realtà odierna lo spirito viciniale è peraltro cosa assai difficile da stabilire, dato il profondo mutamento degli scopi originari del Patriziato, specialmente dopo che le proprietà patriziali hanno perso molta della loro importanza economica di un tempo. Molti Patriziati faticano inoltre a trovare persone disposte a far parte dell’amministrazione, dispongono di scarse entrate finanziarie e faticano a svolgere le attività previste dalla legge, in particolare quello di conservare, migliorare e gestire in modo razionale i boschi e i pascoli. Da notare che in Ticino il bosco ricopre la metà della superficie e che i Patriziati detengono il 75% dei 140'000 ettari di bosco del cantone.

Il Patriziato all’inizio del terzo millennio

Un organismo obsoleto in crisi d’identità? Solo “roba per vecchi”?

Parecchi di loro hanno spesso solo una funzione di testimonianza storica, di custode della tradizione, dell’identità e della cultura locale. Prendendosi cura del territorio ricevuto dagli antenati, insieme ai comuni essi sono l’ente pubblico più vicino ai cittadini. Di generazione in generazione, collegano il passato al futuro, trasmettendo l’anima, le radici e l’identità del Ticino. Un ruolo aggregatore e di promozione dell’identità locale che potrebbe essere rafforzato in seguito alle fusioni comunali, portando la popolazione a identificarsi maggiormente con il Patriziato.

Ma, oltre al tradizionale mantenimento di boschi, alpi, pascoli e selve castanili, diversi di questi enti svolgono anche un'apprezzabile funzione culturale (pubblicazioni, gestione di archivi storici, organizzazione di eventi per favorire la conoscenza del territorio, indagini sul territorio ecc.) e/o di promozione di attività economiche e di svago quali la gestione di aziende forestali (vedi ad esempio la Squadra forestale del Patriziato generale di Quinto), la produzione di formaggio, la costruzione di stabili a pigione moderata, l’affitto di spazi ad PMI locali, l’offerta di zone sportive e aree di svago (come ad esempio i golf di Ascona e Losone, il Lido di Ascona, il campo sportivo di Carasso), la manutenzione di una folta rete di sentieri e la promozione di gare (esempio il Morobbia Trail).

I progetti sono spesso il risultato di sinergie tra Patriziato e altri enti privati e istituzionali, come ad esempio quello dell’Albergo Diffuso promosso anche dal Patriziato di Castel San Pietro, che si propone di rilanciare la cultura locale e il turismo in tutto il comprensorio del Monte Generoso, dal Sighignola al Bisbino, In un’intervista alla RSI del marzo di quest’anno, un membro di comitato di quel Patriziato sottolineava l’importanza del volontariato, segnalando come esempio le ore di lavoro svolto dai volontari nell’ambito della ristrutturazione di un alpe, che tradotte in denaro sarebbero ammontate a CHF 100'000.

Nella stessa trasmissione, un funzionario della SEL ribadiva la sensibilità crescente delle nuove generazioni (anche dei non patrizi) per i temi legati all’ecologia e la possibilità quindi del Patriziato di diventare un contesto favorevole per passare dalle parole ai fatti, abbandonare una certa idea del Patriziato come un mondo esclusivo, e apportando nel contempo ai patriziati nuova linfa per ringiovanire ed aprirsi.

Il Presidente dell’Alleanza Patriziale Ticinese (ALPA) confermava le tante ore svolte dai volontari, il bisogno che hanno i patriziati della collaborazione di patrizi e no, come pure l’interesse accresciuto a diventarne membri da parte di non patrizi che partecipano alle loro attività. Sebbene l’importo economico equivalente alle opere prestate gratuitamente dai patriziati ticinesi non sia mai stato quantificato con esattezza, l’ALPA ritiene che sia senz’altro nell’ordine di grandezza di milioni di franchi. Un unicum a livello europeo nel panorama delle comunità civili.

La progettualità dei patriziati ticinesi nel quadriennio 2013-2017:

  • l’82% dei Patriziati ha organizzato almeno un evento, mentre il 36% ha pure organizzato iniziative puntuali quali gite, inaugurazioni, pubblicazioni di libri ecc. (pagina 28)
  • I progetti sono stati 652 per un ammontare di 136,5 milioni di franchi, di cui:
    • 101 finanziati con 26 milioni dal fondo di aiuto patriziale
    • 22 finanziati con 26 milioni dal fondo di gestione territoriale

Da una decina di anni, il Dipartimento delle istituzioni ha rafforzato il ruolo della Sezione enti locali (SEL) (possibilità di cliccare), che alla funzione di sorveglianza circa l’operato dei patriziati affianca quella di un loro supporto concreto. L’ALPA (possibilità di cliccare) è l’ente mantello che raggruppa le amministrazioni patriziali e le sostiene nella promozione della collaborazione tra di loro e con i Comuni in modo da creare le condizioni quadro favorevoli alla gestione sostenibile del territorio.

L’ALPA è membro della Federazione svizzera dei patriziati e delle corporazioni, strumento utile per lo scambio di idee e la condivisione di progetti e soluzioni. La realtà patriziale svizzera è molto eterogenea e ogni cantone ha una legislazione specifica (vedi ad esempio i Grigioni, dove le naturalizzazioni vengono ancora concesse tramite i Patriziati). Diversi sono pure gli approcci nella gestione territoriale, la loro forza e il loro impatto sui comuni e la vita sociale. Si pensi ad esempio al Patriziato di Berna, proprietario tra l’altro di un’assicurazione, di una banca, di una casa per anziani e di un centro sociale.


Studio strategico sui Patriziati 2020

Lo studio strategico del 2009, promosso dalla SEL e dall’ALPA, intendeva proporre ai patriziati degli strumenti per trovare nuova dinamicità e propositività. L’aggiornamento dello studio, effettuato nel 2020, si propone di adattare le proposte ad un contesto che cambia velocemente.

L’evoluzione della situazione socioeconomica (cambiamento della struttura della cittadinanza, aumento dei fuochi patriziali domiciliati fuori comprensorio, progressivo disinteresse dei membri, diminuzione degli introiti derivanti dal settore primario), di quella territoriale (evoluzione del bosco) e istituzionale (tendenza alla centralizzazione dei poteri e minore autonomia delle entità locali) ha avuto risvolti negativi sull’organizzazione e l’attività di alcuni patriziati.

Incremento dell’interesse per il turismo rurale e processo di aggregazioni comunali possono costituire nuova linfa per il rilancio delle attività di molti patriziati.

Si riscontra infatti un incremento dell’interesse per l’ecoturismo, e in tale ambito il Patriziato, custode di cultura e tradizione e proprietario di immobili, boschi, alpi e pascoli, potrebbe ricoprire un ruolo di estrema importanza. La tendenza a una progressiva urbanizzazione delle periferie, in controtendenza al loro passato spopolamento, potrebbe costituire un motore di sviluppo per i patriziati.

Le aggregazioni possono dal canto loro indurre le persone a rafforzare il legame con la loro realtà locale. Possono inoltre anche presentare prospettive interessanti per gli enti patriziali: le maggiori dimensioni dei nuovi comuni aggregati e gli accresciuti servizi a loro richiesti permettono di ipotizzare nuove sinergie, soprattutto nella gestione del territorio e turistica, nella quale i patriziati possiedono una significativa esperienza. Partecipando alla realtà dei nuovi comprensori, essi possono diventare motori sia dello sviluppo locale che regionale.

La missione dei patriziati è definita dalla legge: essi sono proprietari di beni d’uso comune da conservare e utilizzare con spirito viciniale a favore della comunità. Il loro compito è di organizzare il buon governo dei beni patriziali, di garantire l’uso pubblico e di valorizzare le tradizioni locali.

Lo studio giunge alla conclusione che se il ruolo di gestione e manutenzione del territorio e dei suoi beni viene svolto da tutti i patriziati, alcuni di loro faticano invece a svolgere attività di valorizzazione del territorio. Lo spirito identitario e comunitario è molto presente, ma laddove non vi è un Patriziato attivo questa identità di appartenenza è più ideale che effettiva. L’ente patriziale, proprietario della maggior parte del territorio e presente in modo capillare, è un partner istituzionale importante per la sua crescita se è attivo, innovativo e in rete. Un Patriziato che sul lungo periodo (10-20 anni) non svolge un ruolo né di gestione del territorio né comunitario/identitario ma si limita ad amministrare il minimo indispensabile, ha ancora ragione di esistere?

L’ente patriziale è potenziabile e rafforzabile, ma se si vuole farlo bisogna sostenerlo, dotarlo di risorse. Occorre sostenere i punti di forza già presenti e aiutarli a superare quelli di debolezza riscontrati:

  • Mettendo a loro disposizione risorse finanziarie
  • Aiutandoli a migliorare l’efficienza, l’efficacia e la competenza della loro organizzazione interna, prevalentemente basata sul volontariato
  • Rafforzando la collaborazione tra patriziati e comuni, affinché diventino dei partner effettivi, dei protagonisti con responsabilità complementari ma una visione globale e politica comune per lo sviluppo territoriale
  • Favorendo il riconoscimento del Patriziato da parte di tutti gli attori presenti sul territorio (enti regionali di sviluppo, enti per il turismo)
  • Aiutandoli a contrastare la tendenza ad un approccio conservativo

L’obiettivo strategico dello studio è quello di creare nei prossimi 10 anni i presupposti affinché l’ente patriziale disponga di un’organizzazione e di risorse finanziarie e umane adeguate, promuovendo un approccio aperto, procedure snelle e un riconoscimento del ruolo che assolve.


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Fonti

Amministrazione del Patriziato di Pianezzo, novembre 2021.